L’osservazione dell’Universo è limitata ad un esame di luce di oggetti, partita milioni addirittura miliardi di anni prima. Poichè vediamo ciò che era, domando: esiste un criterio scientifico per supporre modelli di evoluzione di oggetti lontani osservati in grado di elaborarne una ricostruzione fisico chimica di come sarebbe l’oggetto se visto “in diretta”?

Assieme ad altre discipline, l’astronomia utilizza il metodo scientifico per primo delineato da Galileo: l’osservazione empirica della Natura, dei suoi eventi, e delle sue componenti, deve essere integrata con una comprensione teorica di quanto accade, per mettere in relazione tra di loro le quantità misurate  ed i fenomeni osservati. In astronomia, infatti, esiste un robusto apparato teorico, che ha permesso di creare modelli più o meno accurati dei vari oggetti celesti. Ci sono equazioni matematiche che descrivono la struttura ed evoluzione delle stelle, delle nebulose, delle galassie, e perfino dell’Universo nel suo insieme. Grazie a questi modelli, è possibile seguire in dettaglio la nascita, l’evoluzione, le trasformazioni, e il termine della vita degli astri. In un certo modo, siamo in grado di predire il loro futuro. Naturalmente, queste teorie possono essere molto complicate, pertanto vanno verificate accuratamente confrontando le loro predizioni con i dati osservati: una teoria "perfetta" (che in pratica non esiste) deve rendere conto di tutti gli aspetti del fenomeno in questione.

La risposta alla domanda proposta dal lettore è dunque sì! La moderna astronomia permette di predire con una certa precisione una gran quantità di informazioni su come sono oggigiorno gli oggetti astronomici la cui luce è stata emessa tanto tempo fa. Per esempio, è relativamente semplice predire come evolvono la luminosità, la temperatura, e la composizione chimica di una stella. Osservando questi oggetti lontani anche milioni di anni luce possiamo ricostruire in quale stato si trovano attualmente, scoprendo che magari non esistono nemmeno più! Grazie alle simulazioni al computer, possiamo addirittura ricostruire sotto forma di immagini l’aspetto di un oggetto astronomico fatto evolvere "artificialmente". Non esiste però un modello unico per studiare la trasformazione di ogni singolo corpo celeste. Ogni tipo di oggetto (stelle, galassie, …) viene trattato con strumenti e teorie apposite. Infine, tanto più lontano si osserva, maggiore sarà l’errore con cui si può predire lo stato attuale, a causa sia delle imprecisioni di cui soffrono le diverse teorie, sia della nostra conoscenza imperfetta dello stato preciso in cui si trovava l’oggetto al momento in cui ha emesso la luce osservata.

Ma, in astronomia, si può fare di più. Possiamo, in un certo modo, non solo limitarci ad immaginare gli oggetti che evolvono, ma osservarli direttamente, o meglio, osservarne altri molto simili. Possiamo infatti cercare, tra gli astri vicini a noi, quelli che sono come ci aspettiamo siano diventati oggi gli oggetti più lontani. Nello spazio, ci sono infatti corpi celesti di tutte le età. Se per esempio osserviamo una galassia distante milardi di anni luce, essa nel frattempo si sarà evoluta, modificandosi. È probabile che, nello spazio relativamente vicino, ci sia una galassia molto simile a come è diventata nel frattempo la nostra galassia lontana. In effetti, considerando gli oggetti più vicini come una versione "invecchiata" di quelli lontani, si possono mettere alla prova le teorie che spiegano l’evoluzione dei corpi celesti. L’assunzione che gli oggetti dell’Universo lontano siano gli stessi che, evolvendo, si trovano nell’Universo vicino deriva direttamente dal famoso principio cosmologico. Questo è uno dei pilastri fondamentali della cosmologia, ed asserisce come l’Universo sia, in media, simile a se stesso; in ogni luogo (ad un tempo fissato), ci si aspetta di trovare le stesse condizioni anche in regioni distanti tra di loro.

Per fare un esempio, consideriamo l’evoluzione di una stella (questa teoria è compresa in grande dettaglio). Osservando una stella lontana, per esempio simile al Sole, sappiamo dalla teoria dell’evoluzione stellare come evolverà; precisamente, ad un certo punto diventerà una nebulosa planetaria; infine, terminato il combustibile nucleare, si contrarrà diventando quella che viene chiamata una "nana bianca". Bene, noi possiamo osservare in cielo tutte e tre queste fasi (e molte altre) della vita di una stella. Grazie alla teoria, sappiamo mettere in relazione questi oggetti che apparentemente sono molto diversi. In questo modo, si vede come la sinergia tra teoria ed osservazione fornisce un metodo di indagine e comprensione molto potente.

Evoluzione del Sole

Figura 1. L’evoluzione di una stella simile al Sole: a sinistra, come appare durante la maggior parte del tempo in cui  sono attive le reazioni nucleari (cosiddetta sequenza principale), al centro la fase di nebulosa planetaria (di breve durata, poco prima dell’esaurimento del combustibile nucleare), e, a destra, lo stato finale, quando la stella collassa e diventa una nana bianca (di durata indefinita, la stella si raffredda gradualmente diventando sempre più debole).

Sono necessarie infine un paio di precisazioni. Innanzitutto, per quanto riguarda le stelle, effettivamente noi le osserviamo come erano decine di migliaia di anni fa. Per quanto possa sembrare un tempo lunghissimo, si tratta in realtà di una frazione minuscola della vita di una stella (che varia dai milioni ai miliardi di anni): nella maggior parte dei casi, le stelle osservate saranno oggi grossomodo uguali a come erano quando hanno emesso la luce che osserviamo. L’effetto di evoluzione, al contrario, diventa molto significativo per gli oggetti lontani dell’universo: le galassie e i nuclei galattici attivi. In questo caso, possono essere trascorsi anche miliardi di anni da quanto la loro luce è stata emessa, per cui quasi certamente queste sorgenti si sono trasformate notevolmente.
La seconda precisazione riguarda la bontà delle nostre conoscenze. Queste sono sempre approssimative, per cui nella ricostruzione teorica ci sono dei margini di incertezza. Ciononostante, la nostra speranza è di comprendere sempre più a fondo i meccanismi che regolano la vita degli oggetti celesti, per cui, col tempo, aumenteremo sempre più la precisione con la quale possiamo effettuare le nostre previsioni.