Buongiorno, vorrei avere informazioni riguardo all’uso degli isotopi nell’analisi della provenienza delle rocce…Quali isotopi vengono presi in considerazione (ossigeno, carbonio, ecc.), e quali informazioni danno. grazie

L’atomo è la porzione più piccola in cui si riesce a suddividere la materia senza che questa perda la propria identità; questo vuol dire che un atomo di alluminio é diverso da un atomo di piombo che a sua volta è diverso da un atomo di oro mentre le particelle (protoni, neutroni ed elettroni) che compongono gli atomi di alluminio, piombo, oro e di tutti gli altri elementi sono perfettamente identiche.
La caratteristica che distingue un elemento da un altro è il numero di protoni presenti nei nuclei dei suoi atomi (numero atomico); un’altra quantità molto importante è il peso atomico, cioè la somma dei protoni e dei neutroni presenti nel nucleo.
Per esempio l’atomo di idrogeno (l’elemento più semplice e diffuso in natura) ha un nucleo composto da un protone (numero atomico 1) e nessun neutrone (peso atomico 1) mentre invece l’atomo di uranio (l’elemento più pesante presente in natura) ha un nucleo composto da 92 protoni (numero atomico 92) e 146 neutroni (peso atomico 92+146=238).
Inoltre ogni elemento può presentarsi sotto diverse forme (chiamate isotopi) che si differenziano in base al loro peso atomico, cioè in base al numero di neutroni presenti nei loro nuclei poiché a parità di elemento il numero di protoni è fisso. Facciamo subito un esempio chiarificatore; torniamo all’atomo di idrogeno: abbiamo visto come il nucleo dei suoi atomi sia composto da un protone e nessun neutrone. Questo però è solo il tipo di idrogeno più diffuso; esistono altri due isotopi dell’idrogeno: l’idrogeno pesante (o Deuterio, simbolo D) il cui atomo ha un nucleo composto da un protone e un neutrone (numero atomico 1, peso atomico 2) e l’idrogeno ultrapesante (o Trizio, simbolo T) il cui atomo ha un nucleo composto da un protone e due neutroni (numero atomico 1, peso atomico 3). Altro esempio già noto: l’uranio. Abbiamo in precedenza fatto la conoscenza con l’uranio 238, l’isotopo più diffuso, ma esiste anche il raro uranio 235 (pregiatissimo combustibile per reattori nucleari e ordigni bellici) e l’ancor più raro uranio 233.
Gli isotopi di molti elementi sono, però, instabili cioè tendono spontaneamente a trasformarsi in altri elementi grazie all’espulsione dai nuclei dei loro atomi di particelle e raggi gamma a causa di particolari forze presenti negli stessi nuclei. Queste trasformazioni di elementi in altri si chiamano ‘decadimenti radioattivi’ e la conseguente emissione di particelle e raggi gamma si chiama ‘radioattività’.
Il decadimento avviene ad un ritmo ben preciso secondo una legge temporale altrettanto precisa; in particolare si definisce ‘tempo di dimezzamento’ o ‘tempo di semitrasformazione’ l’intervallo di tempo necessario affinché una certa quantità di materiale radioattivo si riduca della metà.
È evidente che quando abbiamo a che fare con un fenomeno (in questo caso il decadimento radioattivo) che avviene secondo una legge temporale ben precisa il fenomeno stesso può essere utilizzato come orologio.

Metodo del radiocarbonio

Questa tecnica, sviluppata nel 1947 dal chimico statunitense Willard Libby e dai suoi colleghi dell’Università di Chicago, è spesso utile per risolvere problemi cronologici in archeologia, antropologia, oceanografia, pedologia, climatologia e geologia recente.
Attraverso l’attività metabolica, il livello di carbonio 14 in un organismo vivente si mantiene pari a quello presente nell’atmosfera o nelle parti dinamiche della Terra, come l’oceano. Dopo la morte dell’organismo, il carbonio 14 comincia a decadere con tasso di decadimento noto, senza che sia possibile una reintegrazione di carbonio dall’atmosfera. Una misura del livello di carbonio consente quindi un calcolo dell’età dei resti; tuttavia il rapido decadimento del carbonio fa sì che l’applicazione di questo metodo sia limitata alla datazione di oggetti di circa 50.000 anni, benché con tecniche moderne e sofisticate sia a volte possibile estendere l’intervallo di tempo a circa 70.000 anni; l’incertezza aumenta tuttavia con l’età del campione.
Nel 1962 il tempo di dimezzamento del radiocarbonio è stato misurato più accuratamente da 5570 ± 30 anni a 5730 ± 40 anni, cosicché alcune date determinate in precedenza necessitano di correzione; inoltre, per tener conto della radioattività recentemente introdotta nell’atmosfera, le date al radiocarbonio vengono calcolate con riferimento all’anno 1950. Tra i fattori di incertezza che possono portare a errori nella definizione di una scala temporale, il problema più serio consiste nella contaminazione successiva di un campione, che può essere causata da percolazione di acque, da incorporazione di carbonio più giovane o più antico, e dalla contaminazione sul campo o in laboratorio causata dagli stessi ricercatori.

Metodo potassio-argo

l decadimento del potassio 40 in argo è ampiamente usato per la datazione di rocce, in particolare di miche, feldspati e orneblende, in cui questo elemento è presente in grandi quantità. La fuga di argo costituisce un problema se la roccia è stata esposta a temperature superiori a 125 °C: in questo caso l’età determinata indicherà l’ultimo episodio di riscaldamento subito dalla roccia, e non il tempo trascorso dalla formazione.

Metodo rubidio-stronzio

Usato per datare antiche rocce terrestri ignee e metamorfiche, e campioni di rocce lunari, questo metodo si basa sul decadimento del rubidio 87 in stronzio 87, con emissione di particelle beta. È frequentemente usato per verificare l’esattezza delle datazioni potassio-argo, dato che lo stronzio, anche se esposto a temperature moderatamente alte, non tende a disperdersi come l’argo.

Metodi che utilizzano il torio 230

Questi metodi vengono impiegati per datare sedimenti oceanici che risalgono a un intervallo di tempo compreso tra 300.000 e 700.000 anni fa. L’uranio presente nell’acqua di mare decade in torio 230 (detto anche ionio) che precipita nei sedimenti del fondo; dalla concentrazione di questo isotopo e dall’analisi dei prodotti del suo decadimento, è possibile risalire all’età del sedimento stesso.

Metodi che utilizzano il piombo

Nel metodo piombo-alfa, l’età in anni viene valutata determinando per via spettrografica il contenuto totale di piombo e la radioattività alfa (data dal contenuto di uranio-torio), in concentrazioni di zircone o monazite. Nel metodo uranio-piombo, l’età in anni viene calcolata sulla base del tasso di decadimento dell’uranio 238 in piombo 206, e dell’uranio 235 in piombo 207. Affiancando i tassi di decadimento del torio 232 in piombo 208, per lo stesso campione possono essere ottenute tre datazioni indipendenti. Il rapporto fra il piombo 206 e il piombo 207 può essere convertito in una cosiddetta età piombo-piombo. Il metodo è perlopiù applicabile a rocce precambriane. Inoltre, un’età uranio-uranio (calcolata dal rapporto fra uranio 235 e uranio 238) può essere calcolata a partire dalla datazione uranio-torio-piombo.

Metodo Sm-Nd

Il metodo Sm-Nd si basa sul decadimento del 147Sm (samario) in 143Nd (neodimio) per emissione di particelle alfa. E’ stato recentemente impiegato per rocce del periodo Archeano, più vecchie di 1 miliardo d’anni.

Datazione attraverso le tracce di fissione

Questo metodo studia le tracce lasciate, nei minerali o nei vetri, dal passaggio di particelle nucleari emesse dalla fissione spontanea di impurità di uranio 238. L’età in anni viene calcolata determinando il rapporto tra la densità di tracce di fissione spontanea e quella di tracce di fissione indotta. Questo metodo, particolarmente efficiente per miche, tectiti e meteoriti, è stato usato per datare il periodo compreso tra circa 40.000 anni fa e un milione di anni fa, un intervallo che non è coperto né dal metodo del radiocarbonio né da quello potassio-argo. Le rocce che abbiano subito forti riscaldamenti o che siano state esposte al bombardamento di raggi cosmici, tuttavia, possono fornire date non corrette.