Una carica elettrica, o equivalentemente una massa, mantiene perennemente attivo il campo da essa generato. E’ come una lampadina che in qualche modo si autoalimenta? Ma, visto che nulla si crea e nulla si distrugge, come si spiega questa situazione?

Il paragone con la lampadina non è corretto, ed è da questo errore che pare esserci il paradosso di un sistema che produce energia all’infinito.

Una lampadina accesa richiede energia per tutto il periodo di accensione, energia che viene poi dispersa all’esterno, proprio a causa del funzionamento, sottoforma di luce e calore. Di conseguenza una lampadina perenne consumerebbe una quantità infinita di energia. Se esistesse una lampadina funzionante senza sostegno esterno essa necessiterebbe una continua creazione interna di energia (moto perpetuo di I tipo). Per questo motivo sappiamo che è impossibile costruire una lampadina del genere: essa violerebbe il principio di conservazione dell’energia.

Il discorso di un campo è diverso. Se stiamo in condizioni stazionarie il campo non ha bisogno di consumare energia per sostenersi. Semplicemente sta lì immutabile. Come un oggetto poggiato su un tavolo il quale non ha bisogno di continuare a spendere energia all’infinito per sostenerne il peso.

Un campo di forze ha bisogno di scambiare energia solo quando cambia la sua configurazione, cioè quando il valore del campo cambia nei diversi punti dello spazio, oppure quando c’è qualche oggetto che si muove sottoposto all’azione del campo stesso.

Per esempio se lasciamo cadere un oggetto sottoposto all’azione del suo peso, cioè della forza di gravità, l’energia del campo, quella che normalmente chiamiamo energia potenziale, si trasformerà in energia cinetica e quindi verrà sottratta a quella del campo. Tuttavia il campo non varia il proprio valore in alcun punto, perchè l’energia potenziale che si trasforma in cinetica era stata fornita al campo quando l’oggetto era stato sollevato (quanto tempo prima sia avvenuto il sollevamento rispetto alla caduta non ha importanza).