Salve, vorrei sapere una cosa: come può un buco nero emettere radiazioni? Se esso genera un campo gravitazionale infinito le radiazioni dovrebbero impiegare un tempo infinito per giungere a noi, oppure bisogna ricorrere alla meccanica quantistica? Mi potete per piacere dare una spiegazione non troppo difficile (ho solo 15 anni)?

 Prima di tutto bisogna dare una definizione di “Buco Nero”. In Relatività Generale un Buco Nero è una regione dello Spazio-Tempo dalla quale nessuna particella materiale o nessun raggio di luce può sfuggire. Per ‘sfuggire’ si intende che la particella (o il fotone) può essere inviato indefinitamente lontano, ovvero “all’infinito”. Si può dare una definizione estremamente rigorosa, ma non servirebbe ad aiutare l’intuizione.
Perché si abbia una tale regione di spazio, è necessario che in un certo punto (all’interno di questa regione) il campo gravitazionale sia infinito (si abbia, cioè, una singolarità). Non è necessario che la gravità sia infinita in tutta la regione. Intuitivamente l’attrazione gravitazionale è abbastanza forte (ma comunque finita se misurata in un punto diverso dalla singolarità) da impedire alla materia e alla luce di sfuggire. La superficie di questa regione, viene detta orizzonte degli eventi. Dalla definizione si deduce anche che non è possibile comunicare dall’interno dell’orizzonte degli eventi.
Questa definizione sembrerebbe eliminare la possibilità di “emissioni” di alcun tipo da parte di un Buco Nero. In realtà non è così. Negli anni ’70, con una bellissima e fondamentale serie di articoli, Stephen Hawking dimostrò come fosse possibile per un Buco Nero emettere radiazioni. In più Hawking fu capace di dimostrare che questa radiazione aveva una temperatura ben precisa, detta temperatura di Hawking, che era determinata dalla gravità alla superficie del Buco Nero stesso.
Le dimostrazioni e i calcoli di Hawking erano basate sulla Teoria Quantistica dei Campi sullo Spazio-Tempo curvo di un Buco Nero, pertanto richiederebbero una buona dose di Matematica per essere seguite. Però è possibile dare un ragionamento fisicamente intuitivo per capire cosa succede.
In Meccanica Quantistica, è noto il fenomeno di flutuazione del vuoto: per descrivere il fatto che in una certa zona non ci sono fotoni, o elettroni, o alte particelle, si definisce uno stato quantistico che ha il nome estremamente opportuno di vuoto (o vuoto quantistico). Nonostante il suo nome, questo vuoto esibisce un fenomeno molto particolare, per capire il quale è necessario studiare la Meccanica Quantistica della Radiazione (e della materia). Non è possibile dare una descrizione accurata di questo fenomeno solo a parole, come già detto è necessaria la Meccanica Quantistica, però se ne può dare una descrizione intuitiva, usando (anche se in maniera inappropriata) i cosiddetti Diagrammi di Feynman. Una fluttuazione del vuoto è un processo in cui si creano (dal vuoto) delle particelle virtuali: una particella virtuale (smentendo il suo nome) NON è una particella. Questo perché una “particella virtuale” NON definisce uno stato di particella osservabile (cioè misurabile) con un qualsiasi rivelatore. È in un certo senso solo una creatura matematica. Per esempio non deve necessariamente rispettare il principio di conservazione dell’energia. Però essa interagisce con i potenziali esterni, o con altre particelle, e può anche creare coppie di particelle reali (cioè vere particelle osservabili). Uno dei processi che possiamo usare per aiutare l’intuizione è questo:

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Il diagramma significa che ad un certo istante si creano una coppia di elettrone-positrone virtuali (le due linee continue) e un fotone virtuale (la linea tratteggiata), che poi si riannichilano (cioè si "distruggono" a vicenda) alla fine del processo. In presenza della curvatura gravitazionale, questo processo può modificarsi, e per esempio la coppia elettrone-positrone può “cadere” oltre l’orizzonte degli eventi. Quindi sarebbe il Buco Nero ad assorbire dal processo la coppia virtuale; per fare ciò deve però cedere energia al fotone (e quindi perdere massa); allora il fotone diventa reale (perchè adesso può conservare l’energia) e può essere osservato.

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Guardando questo processo da fuori, un osservatore vede prima il Buco Nero (la figura bianca in alto, l’orizzonte e’ la linea nera) di una certa massa <img decoding=” src=”http://www.vialattea.net/spaw/image/fisica/gravita/imgr10541i3.gif” />, poi rileva un fotone di energia <img loading=” src=”http://www.vialattea.net/spaw/image/fisica/gravita/imgr10541i4.gif” /> e vede che il Buco Nero ha massa <img loading=” src=”http://www.vialattea.net/spaw/image/fisica/gravita/imgr10541i5.gif” />: allora nell’intero processo l’energia è conservata, e un fotone è stato creato (dal vuoto) a causa dell’interazione gravitazionale del Buco Nero.

Per quanto riguarda la propagazione del fotone, cioè il suo viaggio fino ai nostri occhi (o rivelatori), si può fare il calcolo in Relatività Generale, dimostrando che il fotone impiega il tempo che ci aspettiamo che impieghi, considerata la sua velocità: per esempio, se al posto del Sole ci fosse un Buco Nero, un fotone emesso dal Buco Nero ci raggiungerebbe in circa 8 minuti, così come fanno i fotoni emessi dalla fotosfera della nostra benemerita stella. Quindi ci vuole un tempo finito. Però il fotone emesso subirebbe il cosiddetto redshift (in italiano “arrossamento”). Ovvero la sua frequenza si abbasserebbe, di una quantità esattamente calcolabile. Lo stesso effetto di redshift viene usato per misurare la distanza delle galassie lontane, o delle enormi Quasar che storicamente venivano osservate nella seconda metà del XX secolo.