09-10-2001

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Come posso fare per realizzare una cella a idrogeno di potenza utile con acido fosforico ? In particolare, vorrei sapere come avviene la combustione controllata all' interno, ovvero se deve essere innescata con fiamma o, è una ossidazione in un catalizzatore ?

(risponde Matteo Tegoni)


Le celle a combustibile ad acido fosforico sono particolari celle dove l’elettrolita è una soluzione concentrata di acido fosforico. Il combustibile impiegato è l’idrogeno e l’ossidante è l’ossigeno.

Fisicamente la cella ad acido fosforico è costituita da due elettrodi di carbonio porosi su cui è stato depositato il catalizzatore (in genere platino). I due elettrodi sono collegati fra di loro da un circuito esterno che preleva corrente e separati da uno strato di elettrolita. Nel caso delle celle ad acido fosforico l’elettrolita (acido concentrato) è mescolato ad una matrice di teflon, silice o carburo di silicio che funge da supporto. In generale la funzione dell’elettrolita è quella di chiudere il circuito permettendo il trasporto di ioni ma non di elettroni, in quanto questi scorrono nel circuito esterno come in una pila (v.figura).

Guardando nel dettaglio come funziona la cella:


Il combustibile (idrogeno) viene immesso in uno dei due compartimenti della cella (dove avviene l’ossidazione o Anodo). A contatto col catalizzatore avviene la reazione:


H2 -> 2H+ + 2e-


Gli elettroni (e-) scorrono attraverso il circuito esterno fino all’altro elettrodo. In questo compartimento (dove avviene la riduzione o Catodo) viene immesso ossigeno. L’ossigeno subisce il processo di riduzione:


½ O2 + 2e- -> O2-


Questo flusso di elettroni dall’anodo al catodo è la corrente che può essere prelevata dalla pila.

Appena prodotti, gli ioni O2- si legano con 2 ioni H+ che provengono dall’elettrolita acido e che possono attraversare l’elettrodo poroso. Si produce così acqua che viene rimossa come vapore dal semplice flusso di ossigeno. Gli ioni H+ ceduti dall’elettrolita vengono recuperati prelevando quelli che si erano formati all’anodo dall’H2. In dettaglio lo schema dei processi in questa cella è rappresentato in figura.


Come visto non esiste alcuna necessità di innescare la reazione con fiamme o scintille poiché la reazione è catalizzata dal platino. Tuttavia la temperatura di esercizio deve rimanere piuttosto alta (circa 190 °C per le celle ad acido fosforico) per tre motivi principali:

  1. L’acqua prodotta deve poter essere rimossa, e questo richiede temperature non inferiori a 100 °C

  2. Il catalizzatore permette le due reazioni a temperature relativamente basse, ma la sua temperatura di esercizio è comunque piuttosto alta rispetto alla temperatura ambiente

  3. Per aumentare la conducibilità di soluzioni concentrate di acido fosforico servono temperature piuttosto elevate.

Il successo delle celle ad acido fosforico risiede nella bassa temperatura di esercizio se paragonate alle celle a carbonato fuso (650 °C) o ceramiche (1000 °C) e al relativo basso costo dei materiali. La temperatura di esercizio resta comunque sufficientemente alta da permettere una tolleranza al monossido di carbonio (CO, prodotto al catodo e che potrebbe avvelenare il catalizzatore) fino all’1,5 %. Queste celle sono state perfezionate soprattutto dall’esercito degli Stati Uniti negli anni ’60 e quindi sviluppate per usi civili durante gli anni della crisi petrolifera (’70). Oggi esistono diversi impianti di produzione di elettrictà sia mobili (autotrazione) che fissi (corrente per edifici). La necessità di un riscaldamento preliminare della batteria rende tuttavia limitata la loro utilità per il trasporto privato su autoveicoli.


Celle a combustibile: qualche dettaglio


La domanda richiede una piccola introduzione. Una reazione di combustione è una reazione di ossidazione dove una sostanza combustibile (riducente) viene ossidata da ossigeno impiegato come comburente (ossidante). Ogni reazione spontanea parte da reagenti con un alto contenuto energetico per produrre prodotti a basso contenuto energetico. Questa differenza di energia viene liberata nel corso della reazione e prende il nome di bilancio termico della reazione o Entalpia. Parte di questa energia prende il nome di Energia Libera e può essere convertita in lavoro, ad esempio in lavoro meccanico o lavoro elettrico per fare funzionare un motore e così via. Una parte di questa energia resta vincolata alla reazione, non può essere convertita il lavoro e si disperde sotto forma di calore. Tuttavia, la maggiore difficoltà è quella di produrre dispositivi (es. motori) in grado di trasformare la maggior quantità di energia libera in lavoro. Se non tutta l’energia libera viene convertita il lavoro, la restante quantità va ad aggiungersi all’energia vincolata e quindi viene dispersa.

Facciamo un esempio: se bruciamo una certa quantità di benzina avremo lo sviluppo di fiamme con produzione di calore. In questo caso tutta l’energia libera è andata dispersa. Se facciamo avvenire la stessa cosa in un motore a scoppio, la combustione della benzina servirà per alimentare un ciclo espansione-compressione in un cilindro, e quindi per produrre lavoro e far muovere l’auto.

Il punto è che l’efficienza dei motori a scoppio è circa del 30%, ovvero solo il 30% dell’energia libera viene convertita in lavoro.

La tecnologia delle celle a combustibile ha cercato di superare questo problema pensando di fare avvenire la combustione del combustibile non a diretto contatto del comburente provocando una detonazione come nei normali motori, ma in maniera più controllata. Controllare questa reazione significa farla avvenire senza dispersione di energia sotto forma di attriti pistone-cilindro o come dispersione termica verso le parti meccaniche ecc.

Le celle a combustibile sono dispositivi dove l’ossidazione del combustibile e la riduzione del comburente avvengono in due compartimenti separati. In ognuno di questi vi è un catalizzatore (platino), e i due catalizzatori sono collegati fra loro da un circuito in cui fluiscono gli elettroni trasferiti da combustibile a comburente mentre avviene la reazione. Questo flusso di elettroni è bilanciato da un flusso di cariche positive attraverso l’elettrolita che separa i due compartimenti. Gli elettroliti impiegati vanno da sali fusi a materiali polimerici, a materiali ceramici.

Anche se si tratta di reazioni catalizzate, il flusso di cariche sia nel circuito esterno che nell’elettrolita genera una parziale dispersione di energia, così come ne disperdono alcuni processi microscopici sul catalizzatore stesso. Pertanto, l’efficienza delle celle a combustibile si attesta su valori dal 40 al 50%, e che comunque sono sensibilmente più elevati che per i motori a scoppio.

Le limitazioni all’uso delle celle a combustibile rispetto a motori a scoppio sono l’alto costo dei materiali, la necessità di sistemi di sicurezza per lo stoccaggio dell’idrogeno o di altri combustibili, l’elevata temperatura di esercizio, la necessità di sistematica manutenzione e il peso. Tutti questi dettagli rendono le celle a combustibile un prodotto di alta tecnologia, che esclude la possibilità di una loro produzione su scala artigianale o semi-industriale. Tuttavia, per quanto non competitive per l’autotrazione, il loro basso impatto ambientale le rende adatte per la produzione di energia ad esempio per uso civile in edifici.


Bibliografia:


http://www.dodfuelcell.com/fcdescriptions.html

http://www.h2fc.com/defaultIE4.html

http://americanhistory.si.edu/csr/fuelcells/phos/pafcmain.htm

http://www.aei.it/museo/mp1_pcge.htm