Vorrei sapere la differenza (in quanto a correzione ottica)tra un telescopio rifrattore acromatico, uno apocromatico e uno superapocromatico; e soprattutto ad’un dilettante (quale sono), come verificare che tale telescopio sia veramente apocromatico o superapocromatico?

Qualsiasi telescopio con obiettivo a lenti (rifrattore) soffre di aberrazione cromatica. Essa nasce a causa del fatto che la luce dei vari colori (diverse lunghezze d’onda) viene focalizzata un po’ più vicino o un po’ più lontano dall’obiettivo stesso rispetto al fuoco “medio” (di norma quello in luce giallo-verde, dove l’occhio ha la massima sensibilità, e per il quale gli obbiettivi sono ottimizzati).

Ciò accade in quanto l’indice di rifrazione di ogni vetro varia leggermente con la lunghezza d’onda, ed è un “problema” insito nella natura della rifrazione della luce. Non è assolutamente frutto di una lavorazione imperfetta!

Tale aberrazione (aberrazione cromatica longitudinale) è visibile anche sull’asse ottico (è infatti un’aberrazione assiale) e si manifesta come un alone violetto attorno a soggetti brillanti (Luna, Venere, Vega, per fare un esempio). E’ viceversa poco o nulla influente sui soggetti deboli.

I comuni doppietti acromatici sono così chiamati perché focalizzano due lunghezze d’onda ben distinte esattamente alla stessa distanza dall’obiettivo. Gli apocromatici focalizzano TRE diverse lunghezze d’onda nello stesso punto. I termini superapocromatico (superapo), ultracromatico, semiapocromatico sono invece più o meno invenzioni commerciali, anche se alcuni schemi sofisticati a 4 lenti ottengono risultati incredibili, vicini alla perfetta acromaticità di un riflettore.

Si vedano al riguardo le seguenti figure, autoesplicative, tratte da “Il libro dei telescopi” di W.Ferreri, edizioni Il Castello, cui rimandiamo per ulteriori approfondimenti. Si noti uno dei grafici riporta la lunghezza d’onda sull’asse verticale, e andrebbe quindi ruotato di 90° per renderlo coerente con gli altri. Ricordiamo anche che il visibile va da circa 0,38 a circa 0,72 nm, mentre pellicole fotografiche o CCD possono avere sensibilità ben più estese.

Circa il distinguere, osservando, un telescopio apo da un semiapo o superapo, è possibile solo lavorando in laboratorio al banco ottico, oppure con gli strumenti fianco a fianco, e osservando in rapida sequenza una stessa stella con lo stesso oculare o oculari della stessa serie in modo da garantire omogeneità di condizione.

In base alla mia esperienza, osservando Vega ben alta in cielo con un oculare di provata qualità in una notte di buon seeing si nota:

Un fastidioso e “grande” alone viola in uno strumento acromatico mediocre, specie se di f/ corto (<10).
Un evidente alone viola in uno strumento acromatico buono e/o di f/ lungo (>10)
Un alone viola piccolo e appena avvertibile in un semiapo.
Un meravigliosa capocchia di spillo incredibilmente brillante in uno strumento apo o superapo, senza alcun alone.
La differenza tra superapo e apo, se mai si vedrà, salterà fuori (A MIO MODESTO AVVISO) solo in test condotti con grande rigore usando un CCD. Dato che le osservazioni sono quasi sempre limitate dal cielo, è come chiedersi se sia meglio una Ferrari o una Lamborghini per attraversare Milano in ora di punta…

Nota bene: esiste anche l’aberrazione cromatica “da ingrandimento”, dovuta al fatto che le immagini “rossa” e “blu” di un dato soggetto (al piano focale) sono di dimensioni leggermente diverse, essendo anche le focali “rossa” e “blu” leggermente diversa. Tale aberrazione (che affligge anche gli oculari) è in sostanza inavvertibile con telescopi e oculari moderni.